L’avvocato su amazon e il web 2.0 – Identità digitale, reputazione online e deontologia

I nuovi strumenti digitali messi a disposizione dalle nuove tecnologie e dal Web 2.0 rappresentano per tutti i professionisti un elemento in grado di rivoluzionare il proprio lavoro e di creare nuove opportunità di crescita professionale.

Nel mio ultimo articolo per il portale Data Protection Law (ISSN 2611-6456) – redatto a quattro mani con Rosanna Celella e consultabile all’URL

➡️ bit.ly/2BiX2zI – si discute dell’impatto degli strumenti di cui supra sull’attività dell’Avvocato e dei professionisti, dei possibili vantaggi offerti in termini di comunicazione e/o informazione circa l’attività di quest’ultimi, ma anche dei possibili effetti distorsivi derivanti da un uso scorretto di Internet.

Affrontati i temi di ordine tecnico, relativi ai doveri di corretta informazione riconosciuti in capo all’Avvocato dal Codice Deontologico Forense, l’articolo affronta l’analisi della recentissima sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 3 ottobre 2019.

La Corte, infatti, si è pronunciata su una controversia concernente i danni subiti da un’esponente politica del partito austriaco «die Grünen» a seguito della pubblicazione su Facebook di link ad articoli online contenenti informazioni illecite. A seguito della condivisone di detti articoli, contenenti appunto informazioni illecite perché lesive della reputazione della danneggiata, la Corte ha dichiarato, tra l’altro, che la direttiva n. 2000/31 (c.d. Direttiva e-commerce) non osta a che un giudice di uno Stato membro possa ordinare a un prestatore di servizi di hosting (id est Facebook) di rimuovere le informazioni da esso memorizzate di identico contenuto rispetto ad altra informazione già precedentemente dichiarata illecita (poiché ingiustamente lesiva della reputazione di un soggetto e/o di un professionista), o di bloccare l’accesso alle medesime informazioni, qualunque sia l’autore della richiesta di memorizzazione delle stesse.

In conclusione, risulta ormai evidente come l’utilizzo degli strumenti di comunicazione offerti dal Web 2.0 debbano essere adoperati virtuosamente ed in buona fede, alla luce dell’ormai pacifico assunto (confermato dalla recente giurisprudenza) che un uso scorretto e/o illecito di detti nuovi strumenti comunicativi non è privo di conseguenze, sia legali che disciplinari.

Qui il contributo integrale a firma Giulio Riccio e Rosanna Celella

👉 https://www.dataprotectionlaw.it/2019/10/17/lavvocato-su-amazon-e-il-web-2-0-identita-digitale-reputazione-online-e-deontologia/

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